ART SEED #26. CHIARA CARDINI 45°09’35.00″N 9°41’55.97″E

L’opera d’arte vive e trova il suo senso all’interno di un’esperienza di relazione.

L’incontro con un soggetto altro legittima la sua esistenza (a patto che il soggetto sia una persona, in quanto un essere animale o vegetale non la riconoscerebbe come tale ma come un elemento, vediamo il caso dei pinguini al museo).
Affinché l’opera d’arte sia considerata Arte, c’è quindi la necessità di un luogo apposito, dove possa essere vista e così vivere. Gallerie, spazi espositivi, musei, fiere: contenitori che oltre a mostrare, in qualche modo tutelano l’arte stessa. Perché se incollo con del nastro adesivo sul muro di casa mia una banana sarei – giustamente – derisa dai miei amici, mentre se lo faccio all’Art Basel di Miami Beach… (e Cattelan lo sa bene).

Ma se oggi il luogo stesso (in parte anche ieri) è in crisi per via di un virus, vale ancora sostenere che l’opera d’arte è tale solo nel momento in cui è esposta in una galleria? Oppure l’esperienza estetica può fare a meno di questi spazi e vivere una mutata stagione?
I luoghi di esposizione sono importanti e fondamentali. Ma siamo stati sollecitati dagli eventi recentemente vissuti (e che ancora stiamo attraversando) ad una riflessione ulteriore sull’esperienza dell’incontro con l’opera d’arte. La strada di fronte a noi è ancora lunga, complicata, e senza “luoghi preposti” a disposizione, un intero universo culturale rischia l’oblio.
Ripartiamo dunque dagli artisti stessi, ponendoci con vivo interesse e curiosità di fronte al loro lavoro. Osserviamo a fondo la loro ricerca e non attendiamo che gallerie e mercato siano gli unici riferimenti per vivere l’incontro con l’Arte. Immaginiamo nuove strade e soluzioni alternative. Così, quando i “luoghi” torneranno, il mondo delle arti visive sarà più vero, stimolante e inclusivo.

Vi incoraggio a prendere parte al dibattito che qui si è generato scrivendo un vostro commento. Diteci la vostra!

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