ART SEED #33. CRISTIAN BOFFELLI. 35°54′N 138°43′E
In questo periodo di isolamento forzato, per gioco, ho cominciato a costruire delle maschere con mia figlia (3 anni). Maschere sciamaniche, oggetti di protezione contro le forze del male.
Inevitabilmente, dopo la prima fase ludica, sono nate riflessioni in generale sull’uso della maschera da parte dell’uomo nelle varie culture, una necessità collettiva che coinvolge ogni parte del mondo. Un filtro di carattere magico-religioso. Ed e’ in questa ottica che, nella fase successiva alla realizzazione delle stesse, si e’ imposta la necessità di trovare una collocazione. Il luogo e’ fondamentale per far sì che si possa compiere un rituale, in questo caso frutto della mia visione, completo.
Lo spazio lo abbiamo trovato lungo le rive del fiume Tamagawa, in Giappone , dove vivo.
Sponde che portano ancora le tracce di una devastante alluvione che ha colpito il paese lo scorso anno. Segni, quelli rimasti, che rimandano ad un immaginario iconografico antico, ombre di mostri invasori, forze oscure.
Presenze che in realtà condividono da sempre gli stessi luoghi dell’uomo, quelli interiori.
Ho quindi immaginato potesse funzionare l’associazione Maschera propiziatoria/Luogo post-disastro.
Ciao Cristian, mi pare che le tue note funzionano nell’intento di raccontare com’è nata questa linea di interesse affascinante e tutta da percorrere. Vorrei solo integrare brevemente con qualche spunto…
La maschera applicata all’umano è sempre più grande del volto che copre; essa copre così la nostra “piccolezza” che viene tuttavia “denunciata” proprio da questa arte-fatta operazione di copertura. Così la maschera occulta e svela nello stesso tempo. La maschera riproduce ingrandisce, aumenta ed “esaspera” potenziandole le fattezze del volto umano, quando essa ha un nome che la identifica, allora indossandola posso prendere in senso figurato il controllo di quella identità che “cade in mio potere”. A partire dalla identificazione con il fiume, l’albero e la roccia io copro queste entità con fattezze umane: le “umanizzo” facendole però cadere in mio potere. E’ vera umanizzazione? O la piccolezza di cui dicevamo sopra rende l’operazione quantomeno rischiosa? … Queste presenze antropomorfe disseminate a “presidio” di un luogo, sono i resti, la retroguardia di ciò che è passato? Sono forze di ri-occupazione da parte degli elementi selvatici della natura ai quali abbiamo applicato sembianze meno terrificanti? Adesso, questo luogo occupato da presenze umanizzate è più sicuro in quanto non c’è più spazio disponibile per “altre” presenze incontrollate?
Ogni domanda si apre su un’altra domanda, e questo indica tutta la profondità e l’estensione di un filone tematico davvero interessante e favorevole ad esiti estetici sorprendenti. Un’ultima nota (per ora) la spenderei per invitarti a riflettere sulla possibile differenza fra magia e religione (un trattino fra le due è poco dirimente). La magia per definizione esprime la facoltà di proiettarsi a piè pari in una alterità del mondo che presenta aspetti e sembianze “alternativi”. La religione esprime la facoltà di addentrarsi più profondamente nel nodo dei contrasti e delle contraddizioni reali che definiscono l’umano così com’è. Alternative non ce ne sono. Credo sia allora più corretto citarle entrambe, ma senza unirle con il trattino.